La fotografia entra in punta di piedi nella mia vita, a 16 anni. E’ stata una scoperta lenta, un gioco fino a quando poi a 19 anni, dopo il rivelamento della mia malattia, è entrata di prepotenza risvegliandomi dallo shock di quella scoperta e letteralmente facendomi alzare dal letto per documentare ciò che mi stava succedendo.
E’ stata un’essenziale via d’uscita dal caos dei primi anni di malattia. Subito dopo ho abbandonato l’idea di iscrivermi alla facoltà di medicina e ho iniziato a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Foggia e contemporaneamente un Master in Fotografia Documentaria a Pescara.
Ho iniziato a documentare tutto anche inconsciamente. La macchina veniva con me da ospedale in ospedale. Più che foto erano snapshots. Quando stavo troppo male mi facevo fotografare da mia madre.
Ho iniziato a studiare la fotografia come mezzo terapeutico: il libro fotografico è venuto dopo 2 anni di raccolta di materiale.